giovedì 22 marzo 2012

Grossman V.: il rapporto tra colpa e indole


La tragicità del rapporto tra colpa e scelta

E il disprezzo peggiore era per Zucenko, un prigioniero di guerra in servizio all'ingresso della camera a gas del turno del mattino. Aveva sempre stampato sul viso una specie di sorriso puerile, e perciò odioso.[...] (Chmel'kov) Aveva scelto di vivere, non c'era altro che desiderasse, ma le morti a cui cercare scampo erano almeno dieci: non voleva morire di fame o di freddo né di diarrrea emorragica, non voleva finire con nove grammi di metallo in testa, non voleva gonfiarsi per un enfisema né lasciare che il cuore gli si riempisse dell'acqua che gli saliva su dai piedi. Non era un criminale, lui, prima faceva il parrucchiere a Kerc e nessuno aveva mai avuto da ridire sulla sua persona, né i vicini di casa, né i padroni al lavoro, né gli amici con cui beveva vino, mangiava pesce affumicato e giocava a domino. Non aveva niente in comune con Zucenko, pensava. Certe volte, però, gli pareva che tra loro ci fosse un'unica, minima differenza: l'umore con cui andavano a lavorare . E cosa poteva importare , a Dio e agli uomini, che uno fosse allegro e l'altro no? Il lavoro restava lo stesso.
Gli sfuggiva una cosa, tuttavia. Zucenko non turbava perché era più colpevole di lui. Zucenko gli faceva orrore perché era nato mostro, e questo lo scagionava. Lui, invece, Chmel'kov, era nato uomo, non mostro.
Capiva confusamente che con i nazisti per chi voleva restare uomo la svelta era semplice: non la vita, ma la morte.



da Vita e destino
di Valilij Grossman
Adelphi 2011


Chmel'kov è turbato perché ritiene che Zucenko, nato mostro, merita di essere scagionato mentre lui, invece, era nato uomo.


                         

Nel compiere un'azione riprovevole, la colpa è inversamente proporzionale alla bontà dell'indole individuale?

Fino a che punto la paura può giustificare certe scelte?

Basta lo spirito con cui si compie un'azione, che si sa essere riprovevole, per scagionare dalla colpa?